tramonto a San Leonardo
Tramonto da San Leonardo

San Leonardo di Siponto

sito dell'abbazia dedicata al culto di San Leonardo, Manfredonia (FG)

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VERSO LA SACRA GROTTA

I pellegrinaggi ai grandi santuari della Cristianità, Roma, San Giacomo di Compostella, Gerusalemme e il Monte Gargano dell'Arcangelo Michele, determinarono il configurarsi delle grandi vie come ”Romea”, ”Francigena”, ”Camino de Santiago”…
Una strada dei pellegrini che nel tempo si consolidò come "Via Sacra Langobardorum", è il tratto che collegava direttamente la capitale longobarda Benevento al Santuario di San Michele sul Gargano.
Infatti, questo nobile nome, secondo la tradizione, è legato alla devozione dell'Arcangelo che i Longobardi, fin dal sec. VI, diffusero dapprima nella Longobardia Maior (Lombardia-Veneto-Friuli) e più tardi in tutta l'Europa.
Con la diffusione del culto micaelico, il Monte divenne santuario nazionale dei Longobardi e la "Via Sacra Langobardorum", uno degli itinerari privilegiati dai pellegrini, in Italia meridionale, alla grotta dell'Arcangelo. Il nome e la funzione di "Via Sacra" sono attestati, fin dai primi decenni di questo Millennio in documenti che la presentano col nome di ”Via Francesca”.
Con questo nome essi affermano in modo chiaro il suo inserimento nel percorso della Via Francesca o Francigena che, proveniente dalle regioni settendrionali della Francia, attraversate le Alpi, percorreva tutta la penisola italica, conducendo le comitive dei pellegrini del Nord Europa alle grandi mete religiose già sopra citate.  La Via Sacra ”Langobardorum”, s’insinuava (dopo S. Severo) nella Valle di Stignano, fino a raggiungere il convento S. Maria di Stignano; di qui risaliva al convento di San Matteo e a San Giovanni Rotondo; giunta, poi, a Pantano (oggi dopo il bivio per Cagnano) si biforcava: un tratto proseguiva per Ruggiano, toccando l'abbazia di Pulsano fino a Monte S. Angelo, l'altro s’inoltrava nella Valle di Carbonara per risalire anch'esso sulla montagna dell'Arcangelo.
Essa era aspra e faticosa per l'accidentalità del terreno, per la presenza di fitti boschi, d’animali selvatici e predatori. Il tracciato della ”Via” era costellato da tanti "hospitia", romitori, monasteri, cappelle votive munite di pozzi, idonei ad ospitare e soccorrere viandanti e pellegrini. Alcuni di questi luoghi sono diventate famose abbazie, altri dei centri abitati. Ad ogni principale punto della "Via Sacra" era sempre presente un antico tracciato viario che metteva in comunicazione le altre strade frequentate dai pellegrini, provenienti da versanti diversi, diretti alla Basilica.
Da San Giovanni Rotondo una via scendeva verso Sud e conduceva all'abbazia di San Leonardo di Siponto (o in Lama Volara), un'altra si dirigeva verso Sud-Est e, attraverso la Valle dell'Inferno giungeva a Siponto, che in seguito divenne passaggio obbligato dei pellegrini verso la Sacra Montagna.
”La Via Sacra” è ancora oggi percorribile in tutto il suo tracciato e rappresenta nella successione delle tappe con i suoi santuari ancora attivi, il cammino di conversione che il cristiano è chiamato a compiere.
Per raggiungere il Santuario il pellegrino poteva percorrere un'altra strada che, in direzione Sud-est, scendeva verso la piana di Siponto, lungo la quale trovava un servizio d’assistenza pari a quello della "Via Sacra". Su questo percorso incontrava chiese, monasteri, castelli, ed ospizi. Importante punto di, riposo e di sostentamento fu l'abbazia di San Leonardo in Siponto: in questa zona diversi erano gli insediamenti preistorici e paleocristiani che attiravano l'attenzione del pellegrino. Fra questi il complesso preistorico di Scaloria e di Occhiopinto e il complesso ipogeico di Capparelli, espressioni della civiltà rupestre altomedievale.
Oltrepassato Siponto, la ”Via” saliva a Monte Sant’Angelo attraverso i valloni che "rigavano" a pettine tutto il paesaggio costiero. Lungo il Vallone di Scannamuliera il pellegrino s’inerpicava sullo sperone roccioso di Ripasanta per una scala di gradini scavati nel costone, detta Scala Santa e, seguendo la cresta montuosa, raggiungeva la grotta di San Michele Arcangelo.
Le tracce del pellegrinaggio garganico sono ancora impresse nei solchi di queste vie e tratturi: su molte rocce è scritta la storia silenziosa dell'uomo medievale. I graffiti e le iscrizioni rinvenuti sono la testimonianza esatta e visiva di un afflusso di pellegrini provenienti da tutte le parti d'Europa, spinti da un unico intento che era quello devozionale e penitenziale.
Il pellegrinaggio garganico ha avuto anche una valenza sociale e culturale: le soste convenzionali consentivano la comunicazione e la trasmissione delle diverse tradizioni. Fu proprio sulle strade del pellegrinaggio, lungo le tappe che portavano ai santuari, che si venne a creare quella che fu in tutta l'Europa l'unità della cultura.

Verso il Giubileo del 2000 - Scuola Media Statale Mozzillo Iaccarino - Manfredonia - A.D. 1999

foto d'epocafoto d'epoca

 

I LUOGHI DIOCESANI DEL PERDONO
IL MONTE DELL'ARCANGELO NASCITA AVVOLTA NELLA LEGGENDA

Il Santuario di San Michele ha una struttura del tutto singolare; è un complesso in stili diversi che si sono succeduti nei secoli e che ingloba la venerata grotta naturale. L'ingresso ha un prospetto romanico con preziose porte di bronzo. La sua nascita è avvolta nella leggenda. Nel ”Liber de apparitione Sancti Michaelis in Monte Gargano" (un'opera datata tra VIII e IX secolo) si narra che un ricco pastore, avendo smarrito il più forte toro della sua mandria, lo trova dopo tre giorni inginocchiato in una caverna inaccessibile. Il pastore per farlo muovere gli scaglia contro una freccia che, come un boomerang, ritorna indietro e lo ferisce. Spaventato, va a raccontare il fatto al vescovo di Siponto, Lorenzo Maiorano; a questi, nei giorni successivi, appare l'Arcangelo Michele, che gli ordina di aprire la grotta, già consacrata dalla presenza divina, al culto cristiano.
Cosa che avviene il 29 settembre dei 493. Il Cristianesimo penetra sul Gargano nel corso dei quinto secolo, sovrapponendosi, come in altri luoghi, agli antichi culti pagani e le apparizioni di San Michele al vescovo di Siponto hanno il significato della definitiva sconfitta del paganesimo. Prima dei quinto secolo è nota la presenza di due antichi santuari pagani: quello di Calcante e di Podalirio. Scrive a tale proposito Strabone: "Si vedono su un'altura di nome Drion, due templi, l'uno di Calcante sulla cima: gli sacrificano un montone nero quelli che consultano l'oracolo ... ;in basso ai suoi piedi quello di Podalirio..."
Il culto micaelico della grotta di Monte Sant’Angelo s’irradia su tutto il Gargano. E’ nota, infatti, la Grotta dell'Angelo a Sannicandro Garganico e la Grotta di San Michele a Cagnano Varano. Il santuario di Monte Sant’Angelo è meta di pellegrinaggi, fin dal VII secolo, d’imperatori, santi, devoti da tutto il mondo cristiano e diviene tappa importante di una Via Sacra che da Mont’Saint Michel (Normandia) passa per Roma e il Gargano, prima di raggiungere la Terra Santa; i Longobardi lo considerano un loro santuario; i Crociati il punto di raduno, prima di partire per l'Oriente; per tutto il Medioevo, insieme a Santiago di Compostela (Galizia, Spagna), è un punto di riferimento della cristianità.

 

IL PERDONO ANGELICO

L'autorità della Chiesa, in momenti salienti della storia del Santuario, ha ribadito e confermato le prerogative di questo luogo in ordine al perdono e alla remissione dei peccati con il privilegio dell'indulgenza plenaria, chiamata perdono angelico.
Recentemente Giovanni Paolo II ha concesso "in perpetuum" il dono dell'indulgenza plenaria ai pellegrini che giungono nella grotta dell'Arcangelo, con la dovuta disposizione e preparazione spirituale. Nell'azione pastorale, quindi, della comunità che regge il santuario, si pone particolare attenzione al sacramento della Riconciliazione e dell’Eucarestia, alla catechesi e alla formazione dei pellegrini.
I pellegrini, che giungono dall'Italia, dall'Europa e anche dalle Americhe, dall'Australia…… si possono dividere in tre categorie:

1. Pellegrini legati al Santuario da affetto e devozione profondo verso San Michele. Vengono appositamente per trascorrere un momento di preghiera. Molti provengono dal santuario della Madonna delle Grazie che custodisce le spoglie mortali di San Padre Pio e, al momento attuale, San Michele e Padre Pio diventano un binomio inscindibile, si integrano e rafforzano a vicenda.

2. Pellegrini portati al Santuario dal "turismo religioso". Il modo di vivere l'incontro con il luogo santo dipende dalla formazione spirituale e culturale e dagli organizzatori dei viaggio.

3. Semplici visitatori e turisti, tra i quali si trovano credenti e non credenti.

Questi ultimi, soprattutto nel periodo estivo, attratti dalla storia e bellezza naturale della Sacra Grotta, arrivano numerosi e rappresentano una sfida alla sacralità del luogo. Mantenere la mistica atmosfera di preghiera, offrendo al pellegrino l'aiuto spirituale nel suo cammino di conversione, diventa per i micaeliti, la congregazione polacca che regge attualmente il Santuario, l'impegno fondamentale.

foto d'epoca foto d'epoca

 

I PELLEGRINI VECCHI E NUOVI

Alcuni studiosi ipotizzano che il culto dell'Arcangelo Michele, Santo del fuoco, delle acque e dei terremoti, sia stato importato sul Gargano prima del VI secolo in sostituzione degli antichi culti pagani."Nei testi che vanno dal VI al IX secolo ‑ scrive Roberto Lavarini ‑ S. Michele mantiene le caratteristiche della tradizione cristiana orientale, è l'angelo sempre vicino a Dio, che interviene contro i pagani servendosi dì fulmini e annunciando la sua venuta con terremoti, lampi e tempeste. Poiché scende dal cielo, il suo culto è di solito praticato in cima ad un monte e in una grotta spoglia dove l'accesso è vietato di notte". I Longobardi, nel corso dell'VIII secolo, si appropriano del culto di S. Michele, che diviene il loro santo guerriero. Per questo regno il Santuario svolge un ruolo importante e la moglie del re Desiderio, Ansa, costruisce grandi ospizi per i pellegrini che si recano alla sacra grotta. L’epigrafe posta sulla sua tomba, a Brescia, attribuita a Paolo Diacono, dice: "... Prosegui ormai sicuro il tuo viaggio o pellegrino / che dal lontano occidente miri alle guglie del venerando Pietro / e alla rupe della venerabile caverna del Gargano; / protetto dal suo aiuto, non temerai i dardi dei briganti, / non i geli e le piogge nel cupo della notte, / poiché ti predispose ampio tetto e un pasto... "
I Bizantini, tra la fine del X e i primi decenni dell’XI secolo, conquistano la Puglia e tentano di monopolizzare il culto dell'Arcangelo. In questo periodo i monaci Basiliani riprendono l'immagine greca di San Michele e la diffondono di nuovo nell'Italia del Sud. Non più il guerriero celeste che guida un popolo di conquistatori, ma un "misterioso angelo taumaturgo e condottiero d’anime che accompagna la Vergine e protegge la Chiesa". Tra l’VIII e il X secolo, il pellegrinaggio a S. Michele diviene di livello europeo, né si può dimenticare che la Puglia è in una posizione geografica centrale per i pellegrini e i crociati che dall'Europa occidentale si recano in Terra Santa.
Nei primi decenni dell’XI secolo un gruppo di guerrieri normanni si reca in pellegrinaggio sul Gargano. S. Michele già da tre secoli è conosciuto nella loro terra e per lui è stato costruito in Normandia il grande Santuario di Mont Saint Michel. Il pellegrinaggio continua con alterne vicende fino ad oggi. Il 24 maggio 1987 Giovanni Paolo II, visitando il luogo, ribadisce che esso è giustamente famoso "per le origini del singolare tempio, scrigno di notizie storiche e d’arte; per la sua millenaria presenza nella storia sia della regione Puglia, sia della cristianità in genere”.

processione nella grotta di San Michele

 

LA DEVOZIONE POPOLARE
PER GRAZIA RICEVUTA

Oggi c'è molta attenzione scriveva nel 1986 mons. Valentino Vailati nei confronti degli ex voto, che hanno un linguaggio culturale‑religioso specifico che si radica nella complessa tradizione della pietà popolare; essi vogliono esprimere, attraverso l'invocazione alla Madonna e ai Santi, una risposta di fede, di riconoscenza, di grazia; una promessa sincera di vita cristiana. A valutazioni religiose che sono fondamentali per gli ex voto, si aggiungono altre riguardanti l'ambiente, il costume, il paesaggio... Per cui si può affermare che gli ex voto è una specie di libro in cui si possono leggere tante notizie utili alla religione e alla civiltà".
Fin dai tempi più antichi, presso tutti i popoli, l'ex voto esprime la richiesta d’aiuto o il ringraziamento attraverso non solo le parole, ma mediante l'offerta di un dono durevole.
Già Cicerone, nel ”De natura deorum”, parla esplicitamente di tavolette votive. "Tu incredulo circa l'intervento degli dei nelle vicende umane, non scorgi da tante tavolette dipinte (ex tot tabulis pictis), come molti, sopravvissuti alla violenza della tempesta mediante voti, sono giunti salvi in porto?" Un proverbio locale dice ”Quando torni dal mare, bacia la terra e vai a pregare”. Le tavolette si diffondono in maniera notevole tra il XV e il XIX secolo. Il Santuario che presenta il numero maggiore è la Madonna dell'Arco (Pomigliano d'Arco) con oltre 4300 ex voto, segue il Santuario della Consolata (Torino) con 1500, Montevergine, Pompei. In provincia di Foggia ex voto sono presenti a San Matteo (S. Marco in Lamis), all'Incoronata (Foggia), a San Michele (Monte S. Angelo), alla Madonna della Libera (Rodi), a S. Maria di Loreto (Peschici). Nei santuari garganici vi è un'alta percentuale di tavolette dipinte. I materiali usati sono legno, lamine di ferro e, dalla seconda metà dell'Ottocento, masonite e cartoncino. Rappresentano grazie ricevute in conseguenza d’incidenti agricoli, naufragi, malattie, cadute (dal carretto, da cavallo ...), eventi bellici, fulmini, incidenti sul lavoro…..
Quelle degli ultimi decenni, incidenti stradali e ferroviari, il disegno è semplice, a volte piuttosto rozzo. In alto è rappresentato il Santo, la Vergine... secondo il modulo tradizionale delle immaginette di culto.
Al santuario di S. Michele l'ex voto più antico attualmente conservato è del 1876, a San Matteo dei 1851, a Rodi dei 1834. Gli autori degli ex voto sono per lo più anonimi.
Numerose sono le tavolette provenienti da coloro che si trovano lontano dal paese, in Italia o anche all'estero, e che mantengono un legame molto forte con il santo patrono e il santuario.
Alcuni anni fa a Milano fu organizzata una mostra sulle tavolette votive pugliesi dal 1800 ad oggi. Furono esposti circa 150 pezzi.
E’ stata un'occasione per offrire una documentazione sulle radici e sulla terra d'origine, del più grosso e importante gruppo regionale vivente nel capoluogo lombardo.

 

LA PIETRA DEL PECCATO

Tutto il Gargano è attraversato da vie e sentieri del sacro. Vie che portano a luoghi di devozione nelle vicinanze dei paesi (chiese rurali, S. Maria di Merino, grotta di S. Michele sul lago di Varano ...) e vie che si muovono verso i grandi santuari: San Michele soprattutto, ma anche San Matteo e l'Incoronata, ora in maniera straordinaria verso il santuario di S. Maria delle Grazie e Padre Pio. Nel passato i pellegrini effettuavono il viaggio in occasione di festività liturgiche o in determinati periodi dell'anno, di solito in primavera, per propiziare il futuro raccolto e in autunno per ringraziare dei frutti della terra. Ci si spostava con i carretti su cui potevano trovare posto da 10 a 12 persone. Quattro tavole disposte orizzontalmente facevano da sedile, su cui i passeggeri poggiavano un cuscino per stare più comodi. In occasione del 8 maggio o del 29 settembre a decine i carri affollavano le strade verso Monte Sant’Angelo.
Ci si muoveva, infatti, in gruppo e dai luoghi più lontani in comitive dette "compagnie" per il santuario di S. Michele, un posto importante è occupato dalle compagnie della Ciociaria, di Potenza, di Boiano (CB).
Alcune di queste compivano il viaggio a piedi. Da Boiano s’impiegava in media otto giorni. Fino al 1974 anche la compagnia di Bitonto compiva il tragitto a piedi.
Per i gruppi che arrivavano o con i carri o con i pullman, molti si fermavano all'inizio del pendio e salivano a piedi, dopo essersi scambiati segni di pace ed essersi perdonati a vicenda; quelli che partecipavano per la prima volta si caricavano anche di una pietra. Nei tempi antichi era di peso rilevante, ora, invece, è di consistenza limitata e simbolica.
La pietra rappresenta il peccato. La salita è compiuta sotto il peso del peccato dolorosamente percepito. Arrivati in cima, i pellegrini esprimono il rifiuto del passato e l'avvenuta riconciliazione scagliando la pietra verso la valle.

Percorsi del Giubileo A.D. 2000 e Percorsi dell’Estate A.D. 2001 - Arcidiocesi Manfredonia-Vieste - Direttore Paolo Cascavilla

 

SULLE ORME DEGLI ANTICHI PELLEGRINI NEL NOSTRO TERRITORIO
GIUBILEI E PELLEGRINAGGI

Presso gli antichi Ebrei era detto "giubileo" l'anno sabbatico celebrato ogni cinquantesimo anno; era un anno straordinario rispetto a quello celebrato ordinariamente ogni sette anni.
Da diversi Testi dell'Antico Testamento si apprende che norme ben precise regolavano la ricorrenza dell’anno sabbatico: gli schiavi dovevano essere liberati, la terra lasciata incolta a favore dei poveri e ogni debito rimesso. Al centro dell'attenzione di queste norme, quindi erano i bisognosi, ai quali sarebbero stati condonati i debiti e distribuiti i frutti spontanei dei campi lasciati a riposo: Il Signore chiedeva, dunque, che ogni sette anni tutto il suo popolo ritornasse a forme di vita arcaiche come ai tempi del deserto e dell’esodo, quando si abbandonava totalmente alla Divina Provvidenza.
Prescrizioni analoghe erano applicate anche l’anno del giubileo, che in questo modo riprendeva molti aspetti della realtà dell'anno sabbatico. Il giubileo ebraico è l'anno che segue sette cieli sabbatici: il nome deriva dall'ebraico yobel, il corno ritorto del montone che veniva fatto risuonare in Terra Santa nella solennità del Kippur o dell'Espiazione, quando gli Ebrei osservavano il digiuno assoluto di 24 ore, il 10° giorno d’ogni anno. Il termine si ricollega anche al latino Yubilum (gioia, allegria), ma questa, come le altre etimologie proposte, non è in contrapposizione con la prima già citata.
Chiare e semplici le norme da osservare alla fine d’ogni 49 anni, cioè durante l'anno giubilare: campi, né seminati né lavorati, in questo periodo straordinario dovevano ritornare ai loro possessori antichi ed originari, gli schiavi israeliti ottenevano la libertà e facevano ritorno alle loro famiglie dove avrebbero trovato la proprietà che era stata trasferita ad altri. Era come un immenso sabato del Signore: Lui avrebbe provveduto alle esigenze dei suoi figli.
Dedicato al culto e al riposo, il giubileo si basava sul principio secondo cui Dio è il solo padrone e l'uomo non può disporre a proprio piacimento dei beni a lui concessi. Innegabili i risvolti sociali, oltre che religiosi, del Giubileo: la restituzione dei terreni e delle case, la liberazione degli schiavi portavano alla ricostituzione del nucleo familiare com'era all'origine e all'uguaglianza di tutte le famiglie con la loro terra. In tal modo era tutelato il prossimo, quel prossimo sempre sfruttato dai prepotenti.
Nel testo greco dell’Antico Testamento il termine più importante relativo al giubileo divenne "afesis" ovvero "remissione" dei debiti e dei peccati; questo fu il termine che passo nel Medioevo Cristiano a significare la parola "giubileo". Simile al mercante che si metteva in viaggio per lucrare denari, fiorini e altri beni materiali, il pellegrino viaggiava per lucrare indulgenze, perdoni, remissione di peccati. Il pellegrinaggio, uno dei Caratteri fondamentali del Giubileo Cristiano, è una consuetudine molto antica, una pratica devozionale. "In Cristo Dio stesso si è fatto Pellegrino per venire ad incontrare l'uomo". Già nel Medioevo il pellegrinaggio ai luoghi di culto si configura come fenomeno di massa, soggetto a regole. Semplice, improntato alla massima umiltà era l'abbigliamento del pellegrino: un mantello corto, brache di cuoio o di stoffa ricoprivano il suo corpo; un cappello di paglia o di feltro a falde larghe lo riparavano dal sole o dalla pioggia; una cintura di cuoio; robusti calzari o sandali completavano l'abbigliamento. Suoi "compagni" di viaggio una bisaccia e un ricurvo bastone detto "bordone" cui si attaccava una zucca seccata con l'acqua da bere. Sia il bordone sia la bisaccia avevano un valore simbolico: quest'ultima piccola e senza legacci, ricordava al pellegrino che doveva condividere tutto ciò che aveva con gli altri; il bordone, oltre che servirgli per appoggiarsi e difendersi da lupi, rappresentava la fede su cui sostenersi lungo il cammino. Raggiunta la meta, seguiva il tempo della purificazione. Il ritorno era caratterizzato dalle testimonianze dei luoghi visitati, da essi, infatti, il pellegrino riportava dei simboli: la palma da Gerusalemme, la conchiglia da Santiago, la medaglia della Veronica o di San Pietro da Roma.
Con il pellegrinaggio nel sec. X nacque anche il concetto d’Indulgenza. Infatti, la Chiesa di Roma nel Concilio di Rheims del 923-24 permise ai pentiti di riscattare le proprie penitenze attraverso una pratica alternativa o con un’offerta in denaro. Tale pratica si sviluppò con le Crociate allorché i Papi accordavano a chi si armava in difesa della Croce la completa remissione dei peccati. Quando poi sorsero i santuari lungo le strade che portavano i Crociati in Terra Santa, il Papa concesse a questi luoghi sacri, le indulgenze parziali. La pratica dell'Indulgenza plenaria fu istituzionalizzata con i Giubilei che si diffusero in tutta la cristianità a causa dei pellegrinaggi collettivi. Da qui il significato originale del Giubileo cristiano che è un'indulgenza plenaria (condono di tutte le pene) elargita dal Papa.
Il primo Giubileo Cristiano fu indetto da Bonifacio VIII nel 1300, al compimento del secolo come festa centenaria. Nella bolla pontificia era prevista la visita alla basiliche dei SS. Pietro e Paolo. Nel 1350 l’obbligo della visita fu estesa a San Giovanni in Laterano e nel 1390 a S. Maria Maggiore, cosicché d'allora in poi, per ottenere le indulgenze fu necessario visitare la basilica 20 volte in almeno tre giorni diversi, considerati come il periodo di permanenza minimo in Roma per lucrare le indulgenze. Altri Giubilei si susseguirono nella storia: nel 1343 Papa Benedetto XII da Avignone lo stabilì ogni 50 anni; Urbano VI volle che fosse tenuto ogni 33 anni in riferimento all'età di Gesù; Sisto IV riporto il Giubileo alla scadenza di 25 anni, chiamandolo per la prima volta "Anno Santo".
Questo fu mantenuto fino agli inizi del XIX sec., quando fu indetto da Leone XVI nel 1825 a 50 anni dal precedente. Da quel momento si è rimasti fedeli a questa scadenza. L'ultimo è stato quello del 1983 inaugurato da Giovanni Paolo II per i 1950 anni della Redenzione. Quello del 2000 sarà il 28' della storia, indetto dallo stesso Papa nella lettera apostolica "Tertio Millennio Adveniente", e a differenza dei precedenti coinciderà con l'inizio del nuovo millennio.
Oltre ai giubilei ordinari del secolo XVI si sono avuti giubilei straordinari promulgati dal Papa per ragioni speciali e in determinati luoghi. Uno di essi è il Giubileo Compostelliano perché celebrato per speciale privilegio nella città di Compostela in Spagna, nella diocesi di San Giacomo, quando il 25 luglio, celebrazione del martirio di San Giacomo, cade di domenica. Per cui il 1999, terzo anno di preparazione al Giubileo del 2000, anno dedicato al Padre, sarà anche Anno Santo Compostelliano.
Che senso ha il Giubileo per noi cristiani d’oggi? E un momento per ringraziare Dio dei doni ricevuti, per pregare per l'unità della Chiesa e per l'evangelizzazione del mondo odierno. E’ un dono divino che impegna tutti ad essere fedeli seguaci di Cristo. Come Dio ha mandato Cristo che, donandosi tutto a noi, ha operato la remissione totale e inaugurato il Giubileo dell'amore, della bontà e giustizia per tutti, allo stesso modo ciascun cristiano, che riceve dal Padre la remissione, il condono dei peccati, dev'essere capace di donare ai propri fratelli la remissione cioè il perdono e la riconciliazione in una dimensione universale. Questo tempo di grazia si concretizza lucrando l'indulgenza plenaria elargita dal Papa con un Pellegrinaggio a Roma o in uno dei Santuari cui è stata concessa e osservando tutte le prescrizioni definite sulla bolla Pontificia Incarnationis mysterium". Un cerimoniale legato all’Anno Santo è quello dell'apertura della Porta Santa; essa, infatti, verrà smurata la notte di Natale del 1999 dal Papa che, come un pellegrino, la percuote con un martello d'argento.
Questo cerimoniale simboleggia la salvezza, l'accesso alla grazia divina e richiama alla mente dei pellegrini la parola di Gesù “ Io sono la Porta; chi entra in me sarà salvato”. Tale porta rimarrà aperta durante l’intero Anno Santo e sarà chiusa dallo stesso Papa il 6 gennaio 2001.

VERSO IL GIUBILEO DEL 2000 - Scuola Media Statale Mozzillo Iaccarino - Manfredonia - A. D. 1999