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Il Castello di Manfredonia

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il castello di ManfredoniaRe Manfredi figlio di Federico II e di Bianca Lancia, nacque nel 1232 e morì nel 1266 nella battaglia di Benevento combattendo eroicamente contro Carlo d'Angiò. Principe colto, politico abile, perfetto e affascinante cavaliere, soldato audace e valoroso, fu personaggio di grande rilievo nella storia e nell’immaginazione dei contemporanei.

Dante Alighieri gli dedica un intero canto della Divina Commedia tratteggiando in un solo verso la sua figura: “Biondo era bello e di gentile aspetto”.

Vide giusto re Manfredi quando pensò di fare di Manfredonia uno dei più importanti centri dell’Adriatico. Gli ingredienti c'erano, e ci sono, tutti: una civiltà antica come l'uomo, un clima dolce, temperato che fa durare l'estate sei mesi l'anno, un mare limpido ed azzurro difeso dal monte Gargano, un territorio quanto mai vario e ricco di risorse, e soprattutto la gente: calda, generosa, sempre disponibile a ogni sfida con la storia.

Non furono soltanto ragioni politiche, militari, strategiche ad indurre re Manfredi a ricostruire l'ormai spenta Siponto a un tiro di sasso, nel cuore del golfo. Dovette essere qualcosa di più a convincerlo. Manfredi che tanto amò la bellezza in tutte le sue espressioni non potè che restare avvinto dal fascino del luogo. Dovette avvertire il lungimirante sovrano lo stesso fremito d'amore che duemila anni prima aveva spinto un altro re, Diomede, al termine del suo lungo peregrinare, reduce dalla guerra di Troia, a costruire una nuova città sulla riva del golfo.

Le alte mura che svettano al centro di una cortina muraria esterna più bassa, raccordata agli spigoli da tre torrioni circolari ed uno pentagonale, rendono unico il castello di Manfredonia. Tale conformazione strutturale è il risultato finale di una serie di interventi costruttivi e di trasformazioni avvenuti dal XIII al XVI secolo, strettamente legati alle vicende storiche della città impiantata da Manfredi nella seconda metà del XIII secolo.

Una documentazione ufficiale circa l'inizio della costruzione della fortezza non è disponibile: è molto probabile che sia stato Manfredi ad ideare e avviare i lavori e poi, in seguito alla sua prematura scomparsa nel 1266 nella battaglia di Benevento e al successivo passaggio del governo del Mezzogiorno agli Angioini, i lavori sano stati ripresi da Carlo I d'Angiò, come attestano i documenti della Cancelleria angioina.

Nel 1442 il governo del Regno di Napoli passa, fino ai primi anni del XVI secolo, agli Aragonesi. Questi, all'interno di un complessivo processo di rifortificazione del regno, inglobano il primitivo impianto svevo-angioino della fortezza di Manfredonia in una nuova cortina muraria esterna, raccordata agli spigoli da quattro torrioni circolari (fine XV sec.). La nuova struttura, pensata per offrire maggiore resistenza alle nuove tecniche d'assalto che prevedono anche l'impiego della polvere da sparo, viene costruita con mura più basse, con inclinazione a scarpa e con uno spessore maggiore, sufficiente a garantire il posizionamento e lo spostamento delle artiglierie pesanti.

Il portone principale viene aperto sul lato nord-ovest e dotato di ponte levatoio nonché di un fossato di protezione. Altri interventi interessano la trasformazione delle torri quadrate del periodo svevo-angioino che vengono inglobate tutte, ad eccezione di una (Torre di vedetta), in sezioni cilindriche. Attesta questi interventi l'iscrizione "Cacio me fieri fecit MCCCCLVIII" ritrovata in cima al torrione interno posto a sud (cisterna). Altre modifiche si hanno nel periodo della dominazione spagnola che subentra a quella aragonese. Primo atto di questo nuovo governo risulta la trasformazione del torrione posto ad ovest (dell'avanzata).

Esso, forse in seguito all'assedio del maresciallo Lautrec (1528), viene sottoposto a lavori che ne determinano la forma pentagonale che ancora oggi conserva. La mancanza di provvedimenti atti a migliorare la difesa e la presenza di edifici molto alti in vicinanza del castello da cui sparare sui difensori ne rende particolarmente facile la capitolazione ad opera dei Turchi nel 1620. La sconfitta e le ormai cattive condizioni della fortezza determinano negli anni a seguire un cambiamento di funzioni e il castello viene nel tempo adibito a semplice caserma.

Alcune iscrizioni di detenuti, incise sulle pareti delle torri interne (cisterna e magazzino d'artiglieria), documentano per il 1600 l'uso delle stesse come prigioni.

Il castello fu ceduto nel 1815 dal Corpo Reale del Genio Militare al Comune di Manfredonia e da questo all'Orfanotrofio Militare di Napoli; solo nel 1901 il Comune ne rientrò in possesso donandolo, dopo circa settanta anni, allo Stato perché vi accogliesse le collezioni archeologiche dell'area sipontina.

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